Piero Brega
Mannaggia a me
A distanza di dodici anni dall’ultimo album
lo sguardo di un poeta su una Roma periferica e dolente
con folgoranti istantanee di vita quotidiana
e ispirate considerazioni sulla vita
Una carriera decisamente anomala quella di Piero Brega. Tra i fondatori del Canzoniere del Lazio e del Circolo Gianni Bosio, attraversa da protagonista i turbolenti anni settanta, affermandosi come una delle voci più carismatiche di una nuova tradizione urbana e caratterizzandosi, assieme ai suoi compagni, per l’originale fusione di elementi etnici con sonorità jazz e progressive, che anticipava di molto la stagione ancora da venire delle “contaminazioni”. Esperienze innovative, proseguite con Carnascialia e Malvasia e allargate anche al teatro dove, tra l’altro, è voce solista dell’opera di Giovanna Marini, “Il regalo dell’Imperatore”.
Poi un’eclisse dalle scene musicali durata circa venticinque anni, in cui si è impegnato come architetto con progetti anche di grande prestigio come la direzione dei lavori della moschea di Roma agli ordini del prof. Portoghesi. E poi, improvviso e inatteso come una sorta di miracolo, nel 2004 l’esordio da solista con un disco di conturbante bellezza che rivelava al mondo anche le sue capacità di scrittura e affabulazione. Come li viandanti vince così il Premio Ciampi come opera prima alla quale fa seguito, cinque anni dopo, il disco della riconferma, Fuori dal paradiso, in cui si evidenzia la maturità dell’artista che riesce a elevare nelle atmosfere rarefatte della poesia anche le più ordinarie esperienze quotidiane.
Con i movimenti carsici che contraddistinguono il farsi della sua ispirazione, chiamata a misurarsi con urgenze di vita o a lenire ferite che non trovano risposte, Piero Brega ritorna ora, a undici anni di distanza, con un nuovo disco in cui, con amore e disincanto, canta ancora di una Roma periferica e dolente, senza ammiccamenti né accondiscendenze al suo stesso pubblico. Da un punto di vista musicale, infatti, Mannaggia a me si pone all’ombra di altre culture, coltivate fin dagli anni giovanili ma covate e accarezzate a lungo, anche quando sembrava del tutto immerso nelle tradizioni di casa nostra. Una scelta coraggiosa, quella di innovare ritmi e sonorità del nuovo disco, che in realtà è stato anche l’esito, in un certo senso obbligato, di una lunga ricerca. “Per esprimere fino in fondo quello che avevo dentro -ha dichiarato il cantautore romano- serviva un gruppo barocco e postmoderno, che raccogliesse tutto: la musica popolare,il blues, il Pop, l’avanspettacolo e lo stornello, quella musica che potevo mettere insieme con le mie canzoni”. Da qui la progressiva costituzione della band, a partire dal sodalizio con Oretta Orengo, compagna di vita e di arte, fino all’attuale gruppo che a chitarra e oboe ha aggiunto altre chitarre, fisarmonica e ancora batteria e basso “come un cuore pulsante, l’ineluttabile fluire del tempo che dice di andare e andare”. E un suono di magnifica pulizia e rigore, grazie anche a Pasquale Minieri, già con Brega nel Canzoniere del Lazio e Carnascialia.
Nei testi, Brega si conferma straordinario cantastorie contemporaneo con una ineguagliata capacità di fissare, in cartoline sonore di grande efficacia, scene di vita quotidiana che come in un incubo si rovesciano in spaccati di perdizione, emarginazione e redenzione. Una nota amara di protesta civile si leva dal suo canto senza ricadere nelle enfatizzazioni di certa canzone politica. Folgorante al riguardo il brano che dà il titolo all’album, la ricostruzione di una lite tra barboni nella metropolitana, di impressionante verismo, o anche Strada scura dove un fatto di cronaca nera e di teppismo, qual è stato l’incendio della libreria La pecora elettrica in un quartiere di Roma, si intreccia a una storia di alcolismo in un’altra periferia, sentendo nella notte della disillusione il dolore della città.
Di brano in brano a prendere corpo, in realtà è una sorta di autoritratto dell’artista, irriducibile a quanto lo circonda, fiero di una libertà che si esalta nel rovesciamento di valori e prospettive. Un artista capace di specchiarsi nel fare noncurante di un altro drop out nel brano Il sorriso di un pensatore (“E non mi importa dei quattrini/ non m’importa del successo/ tale difetto m’ha permesso/ di evitare me stesso”), o di gridare la propria alterità a un manager in vena di angherie in Triangoli quadrati (“Siamo geniali siamo eccentrici/ Siamo ai margini del normale/ Siamo dei mostri angelici/ Siamo degli abnormali), nella consapevolezza di essere in fondo “un marinaio senza mare” che, fuori da ogni schema, trova il senso pieno di quanto vive e realizza (“Sono un campo di grano/ Una scintilla smarrita/ Voglio bruciare dentro la vita/ Ogni giorno una fiamma nuova/ che fuori piova o non piova”).
Si susseguono così vivide istantanee sonore che elevano in una dimensione epica momenti di vita quotidiana e scene di ordinaria brutalità urbana: una processione elettrica e potentissima, vibrante e ondivaga come può essere solo lo sguardo distaccato e partecipe che un poeta getta sul mondo.
In uscita l’11 dicembre, in formato cd nei negozi e negli store digitali
La Tracklist
1 Il sorriso di un pensatore (3:24)
2 Triangoli quadrati (4.02)
3 Mannaggia a me (3.28)
4 Strada scura (4.41)
5 Gelosia (3.22)
6 Sono un vecchio marinaio
senza mare (4.55)
7 In mezzo al mare (3.25)
8 Tempo arido (2.49)
9 San Basilio (6.35)
10 Dal lago della giovinezza (5.46)
11 Centomila pensieri fuggono (3.12)
La band
Ludovico Piccinini: chitarre, charango
Emanuele Marzi: basso
Piero Fortezza: batteria
Luciano Francisci: fisarmonica
Oretta Orengo: oboe, corno inglese, canto
Piero Brega: canto, chitarra
Info: info@squilibri.it; www.squilibri.it
Ufficio stampa: Carta da musica