Capodoglio 216 è indecisione, è crisi, è voglia di scappare ma senza sapere bene verso dove, è solitudine ma anche voglia di stringersi e baciarsi quando i riflettori si spengono. Il brano è prodotto da Xavier Pompelmo, mixato da Mirko Cascio e masterizzato da Daniele Sinigallia.
“Il capodoglio sono io quando nuoto nel mare del dubbio, è mia madre quando torna stanca dal lavoro, è un qualsiasi essere umano quando si sente schiacciato dal lavoro, dai rapporti, dalla depressione – racconta Bucha. Il capodoglio gira solo nei mari freddi, non gli interessa nè del pubblico nè di sentirsi al centro dell’attenzione, ma spera che se gli prometti che ci sarai domani, tu possa mantenere la promessa, anche solo per passare una serata a vedere documentari sull’Africa”.
Bucha è l’alter ego fico di Giorgio, un giovane/vecchio nato e cresciuto nel quartiere Monteverde di Roma, precisamente a metà fra la casa del buon Pasolini e la statua di Garibaldi del Gianicolo. “La cosa che mi piace di più fare è perdermi, nei miei pensieri, nelle vie di una città, nei corridoi di un museo, nelle gambe di una donna o nelle note di un brano. Ho iniziato a fare musica perché volevo sentirmi meno solo, ma l’ho fatta quasi sempre da solo. Non mi piacciono i gruppi o i film sui supereroi, il mio artista preferito è Franco Califano”.
Capodoglio 216 è accompagnato da un videoclip ideato da Bucha con la regia di Marco Aquilanti e che lo stesso Bucha racconta così:
“Il video è nato da un mio viaggio, da un paio di confronti con il mio produttore, volevo raccontare la storia di un ragazzo, uno qualsiasi che non si sente bene con il suo corpo, con i suoi vestiti con i suoi silenzi, che si guarda spesso allo specchio senza capirsi, senza riconoscersi, che corre dietro un pallone come corre dietro alla vita e alla felicità, che non sa parlare con suo padre e che ha voglia di evadere, di togliersi i suoi vestiti e mettersene altri, che siano quelli della sorella, che siano quelli della donna, non importa, quel trucco sugli occhi quel rossetto sulle labbra non sappiamo se sono i segnali di un suo cambiamento sessuale o sono semplicemente un gioco, uno scherzo, ma non importa neanche questo, quello che conta è che lui sorride, quello che conta è ballare, non pensarci troppo su, quello che conta è che sembra felice, e quando vediamo qualcuno felice non dovremmo domandarci perché lo è, cosa lo ha portato o non lo ha portato ad esserlo prima, dovremmo solo cercare di esser felici per lui ed imparare ad esser felici anche noi stessi. Per la regia affidato a Marco Aquilanti perché lui è un appartenente della comunità LGBT e volevo trattare questa tematica con la cura e il rispetto che merita”.
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