Ciao,
chi è DELTACUT? Ha un significato preciso la scelta del nome?
Il nome Deltacut fa riferimento alla delta tagliata, una particolare funzione utilizzata in Fisica. La scelta di utilizzare questo simbolo è dovuta a molti significati differenti, che ho visto condensarsi molto bene in tale nome. Intanto è un evidente tributo al mio passato da studente di Fisica; inoltre fa riferimento, essendo una lettera dell’alfabeto greco, al mondo classico, da cui sono sempre stato molto influenzato. Infine la delta tagliata richiama, come significato e come forma, le iniziali del mio nome.
Da poco è disponibile il disco di esordio: “Bad Living Conditions”.
L’associazione tra musica e disturbi della mente umana è molto particolare. Come è nata l’idea?
La scelta del tema non parte da scenari autobiografici: è nata da una serie di spunti letterari ed artistici che ho incontrato nel corso della composizione dei brani, insieme ad alcuni eventi particolari che ho visto accadere intorno a me in quel periodo. Ho deciso quindi di provare a tradurre in musica le riflessioni che questi avevano suscitato in me, cercando di presentare delle “fotografie” di alcuni disturbi, sia fisici che psicologici, accompagnati dalle loro conseguenze, e cercando di stimolare chi ascolta ad una riflessione sulle loro cause.
Musica contemporanea, elettronica, ambient, jazz: quanta musica ha ascoltato, praticato, assorbito e vissuto DELTACUT? Quale potrebbe essere il filo conduttore tra queste aree?
Ascolto e ho sempre apprezzato moltissima musica proveniente da generi incredibilmente diversi, questo grazie soprattutto al mio percorso di pratica. Più di dieci anni fa ho infatti iniziato a suonare la batteria, prima nei classici gruppetti di cover pop-rock, per poi avvicinarmi al progressive anni ‘70, e approdare al metal più tecnico pochi anni fa. Ho anche iniziato a studiare altri strumenti, a suonare jazz nell’accademia in cui studiavo, oltre a comporre brani strumentali in trio, sempre circondato da persone che mi hanno permesso di conoscere stili e generi differenti. In tutte queste aree di influenza ho sempre cercato la sperimentazione e la possibilità di trasmettere efficacemente un messaggio, a livello emotivo soprattutto. La passione per l’elettronica è sempre stata presente, ma la decisione di concentrarmi su di essa è abbastanza recente, proprio perché ho notato che mi permetteva maggiore possibilità espressiva, come compositore e produttore dei miei brani.
Un’altra cosa che colpisce immediatamente è l’artwork del disco. Cosa rappresenta e chi è l’autore?
La copertina del disco ha un significato molto specifico per me, ma mi piace che ciascuno possa trovarci un’accezione personale, data la sua natura quasi astratta. Diciamo che l’idea a livello grafico era quella di presentare un forte contrasto, dando grande movimento all’elemento centrale, su uno sfondo più statico; a livello concettuale invece si può scoprire qualche indizio in più aprendo la custodia, nella pagina dietro al CD fisico.
Il concept è partito da me, ma nella realizzazione sono stato aiutato molto da un mio amico, Andrea Macchi, ottimo grafico e fotografo.
Ho letto che hai avuto l’idea di abbinare un quadro e un libro ad ogni traccia dell’album. I quadri sono tuoi? Ad esempio per il primo video estratto a quale abbinamento hai pensato?
No, i quadri non sono miei, purtroppo la pittura non è decisamente il mio forte. Ho scelto quadri di vari pittori, che mi hanno influenzato direttamente durante la composizione dei brani, oppure che si rifanno ad autori o argomenti riconducibili alle tematiche affrontate nell’album. Per esempio, per il primo video estratto, Motor Neurone Disease, ho pensato al quadro di Salvador Dalì, “La Persistenza della Memoria”, per riproporre il concetto di stasi e immobilità presente nel brano, e contemporaneamente la differenza tra il mondo interiore e quello esterno più visibile.
I tuoi spettacoli dal vivo potrebbero considerarsi delle vere e proprie mostre a questo punto. Una sorta di happening totale, dove partecipi con il corpo, la mente e l’anima?
Sì, l’idea è proprio quella di creare degli eventi dal vivo che possano coinvolgere completamente gli ascoltatori, e in cui io possa mettere tutto me stesso. In effetti accompagno tutta la manipolazione sonora con dei visual generativi che realizzo e controllo autonomamente e in tempo reale, e che vengono proiettati di fronte ai presenti. Il tutto unito a delle luci che programmate per seguire i vari brani, così da permettere un’immersione totale nell’esperienza.
Sei una delle figure più interessanti della scuderia RC Waves. Quanto è importante lavorare con un team creativo, con cui c’è sintonia e affinità?
Molto importante! Soprattutto nella fase di promozione sto trovando tanti stimoli che da solo avrei probabilmente ignorato; da parte del mio ufficio stampa vedo tanto entusiasmo e tanta voglia di portare avanti il mio progetto. Stefano e Francesco lo hanno preso a cuore fin da subito e questo mi fa senz’altro molto piacere. Collaborare con qualcuno sulla mia stessa lunghezza d’onda rende tutti gli imprevisti e gli intoppi cento volte più piccoli e facili da superare.
“Motor Neuron Disease” è il primo video estratto dal disco. Parla della condizione di immobilità imposta dalle malattie neuro-motorie. Una vera e propria Bad Living Conditions…
Ci puoi raccontare come è nato e chi ha collaborato con te?
Il video di Motor Neurone Disease è nato dalla volontà di rendere visivamente i forti contrasti e il tormento interiore di chi soffre di queste patologie. Per fare ciò sono ricorso all’aiuto di un mio amico fotografo e grafico, Andrea Macchi, che si è occupato della regia e di tutta la parte tecnica. Insieme abbiamo realizzato alcune riprese con macchine ad elevati frame-rate e luci apposite, per catturare le particolari clip visibili nel video, in cui vari elementi, astratti dal loro contesto reale, danzano e si muovono in modo evocativo. A queste abbiamo poi affiancato un lavoro di riprese più tradizionali che andassero a rappresentare, grazie anche al set scuro e polveroso, i momenti di stasi del brano, l’immobilità fisica del protagonista. Abbiamo realizzato tutto in maniera molto indie, solo noi due (anche la mano che prende fuoco nelle ultime scene del video è la mia!), con l’aiuto di qualche amico per quanto riguarda location e allestimento della stessa.
Il pezzo è strumentale. Volevo chiederti se il fatto di esprimerti senza l’ausilio di una voce o di un testo che accompagni la musica sia per te un modo di creare meglio la sensazione di disagio che vuoi condividere con l’ascoltatore?
Più che per trasmettere maggiormente questa situazione di disagio, direi che è una scelta stilistica, presente in quasi in tutto l’album. Durante la fase di produzione mi è sembrato che l’inserimento di campioni vocali, o di veri e propri testi, alterasse troppo la natura dei brani, portando l’attenzione a concentrarsi molto su di essi, e quindi riducendone l’impatto, sia a livello sonoro che emotivo. Inoltre trovo che oggi nell’elettronica spesso sample e contributi vocali vengano utilizzati un po’ impropriamente, abusandone e quindi banalizzandoli. Probabilmente in lavori futuri mi piacerebbe sperimentare anche in questo campo, ma per Bad Living Conditions ho cercato di mantenermi su questa linea, con pochissime eccezioni e solo in contesti ben specifici.
Qual è il tuo concetto di musica? Credi al suo potere universale e al fatto che possa migliorare la vita delle persone e creare dei rapporti migliori?
La musica per me è prima di tutto una forma d’arte, e come tale penso sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo di una società sana. Il mio intento è prima di tutto quello di trasmettere attraverso di essa delle emozioni, insieme al tentativo di stimolare delle riflessioni che possano essere costruttive per i singoli individui o per la società stessa. Penso inoltre che la musica abbia il grosso vantaggio di poter essere vissuta e apprezzata su più livelli differenti, come semplice intrattenimento oppure con maggiore attenzione e in modo approfondito, permettendo un avvicinamento graduale alle tematiche che propone; inoltre il fatto di sfruttare un linguaggio universale consente di raggiungere in modo molto simile persone in tutto il mondo, diventando quindi anche un formidabile mezzo di aggregazione.
A questo punto sarebbe molto interessante sapere come pensi di portare dal vivo la tua musica. Sarai accompagnato da una band? CI saranno delle date?
Non ci saranno né band né altri musicisti, all’interno dei miei live mi muovo autonomamente, sia per l’audio che per il video. Controllo infatti da solo e in tempo reale sia tutto il discorso musicale, con mixer, effetti e campioni che gestisco manualmente, sia la proiezione di contributi video e visual generativi, attraverso un paio di software e alcuni controller specifici. Ho inoltre recentemente implementato anche alcune luci, programmate per i singoli brani e sincronizzate all’audio, per offrire una performance il più coinvolgente e d’impatto possibile. Mi sono già esibito diverse volte nel milanese. Il release party è stato una bomba! Ho altre date in programma in collaborazione con altri artisti, prevalentemente in zona Milano e Nord Italia. Potete trovare il calendario completo sulle mie pagine!
Come possono contattarti per seguirti e trovare il disco?
Cerco di tenere i social molto attivi, soprattutto Instagram (instagram.com/deltacut) e la mia pagina Facebook (facebook.com/deltacut), dove pubblico sempre aggiornamenti relativi alla mia musica e a tutti i miei eventi. Ricevo un continuo supporto da parte dell’ etichetta, Prismopaco Records (prismopaco.com), e dall’ufficio stampa di RCWaves (rcwaves.it).
Per quanto riguarda l’album, è disponibile da pochissimo in tutti gli store digitali e per i servizi di streaming (Spotify, iTunes, AmazonMusic, eccetera), e in copia fisica su Amazon e in un paio di altri store online, oltre che in tutti i miei live.
Grazie per la disponibilità
Giuseppe Bellobuono