Con una carriera iniziata nel 1980 e finita nel 1983, i RADAR rappresentano una delle più raffinate cult band italiane. Il loro eponimo album, uscito per la WEA italiana nel 1982 sotto l’egida di Michele Vicino, è un compendio di classici elettro-pop ricercatissimo dai collezionisti. I loro ritornelli pedanti ,i testi caustici e divertenti, abbinati a soluzioni melodiche ricercate e brillanti, resistono inalterati al cambio delle tendenze e delle mode.
Oggi, a trentaquattro anni dall’esordio, i RADAR hanno deciso di ritornare in pista con un nuovo disco, che in parte riprende ma al tempo stesso amplia il genere elettronico-popolare degli anni ‘80, con soluzioni sonore melodiche, armoniche e di arrangiamento più attuali.
In attesa di conoscerli ed ascoltarli con i loro nuovi brani riproponiamo questa lunga intervista ai RADAR:
Intervista a Nicola Salerno e Joyello Triolo
re-pop è un ritorno, a trentasei anni dai vostri esordi.
Un’eternità, musicalmente parlando; un periodo in cui la musica ha subito cambiamenti epocali, prevalentemente negativi. Allora perché sono tornati i RADAR?
(Nicola)
Perché negli ultimi anni non solo c’è stato un recupero della musica degli anni ’80 – cosa che ci riguarda relativamente, in questo nuovo album non facciamo molto revival filologico, non ci importa nulla di usare i synth analogici (ancor peggio se fisici) di una volta, siamo stufi, li abbiamo utilizzati fin troppo a suo tempo – ma l’elettronica si è evoluta ed affermata su larga scala anche nella musica pop ancor più che negli anni ’80.
RADAR è un gruppo di pop o quasi (definiremo meglio dopo…) elettronico e quindi, dopo altri progetti forse meno “commerciali” che singolarmente abbiamo portato avanti nel corso dei… uhm, DECENNI (ahahaha!), ci è sembrata una buona idea cimentarsi nuovamente con delle canzoni con la formula del cantato a più voci, che è sempre stata una tra le più evidenti caratteristiche del gruppo. Nel 1982 cantavamo in due, stavolta in tre, quindi questa particolarità viene ulteriormente accentuata nell’album re-pop.
È un divertente caso che la nostra proposta coincida in quest’epoca con un gruppo di tutt’altro genere, ma in qualche modo paragonabile a noi: Il Volo.
Il confronto è buffissimo: loro sono giovani e noi siamo vecchi ma paradossalmente loro cantano canzoni antiche e sembrano cantanti cinquantenni, mentre noi cerchiamo un linguaggio originale all’interno della musica elettronica “commerciale” (ma restiamo anagraficamente vecchi, beninteso! Non vogliamo fare i finti giovincelli, pietà).
I tre del Volo hanno una tecnica vocale ineccepibile, mentre noi siamo assolutamente ruspanti e imprecisi.
Loro cantano col vibrato, con uno stile vocale da anni ’60, lasciando spesso ampio spazio a virtuosismi da solista.
Noi usiamo filtri, vocoder e Melodyne per alterare le voci qui e là; rarissimamente la voce nei brani è singola. Non vibriamo quasi mai.
(Joyello)
L’idea dei essere “anti-volo” è buffa anche se non vorrei che questo gioco al “contrario” finisse per essere applicabile anche a tutto quanto. Per esempio: loro sono hanno successo stratosferico, noi invece…
Il vostro debutto RADAR (1982) usciva con WEA, oggi invece fate tutto in proprio: una necessità o una opportunità?
(Nicola)
In tutta sincerità: dapprima abbiamo cercato una produzione più consistente e importante per il progetto, proponendoci a due mie vecchie conoscenze: Roberto Colombo, che penso non abbia bisogno di presentazioni, e Max Costa (prod. Pausini, Elio e molti altri). Ma le cose andavano per le lunghe senza conclusioni concrete e quindi abbiamo deciso di fare tutto per conto nostro, in casa, con mezzi tecnici più limitati. Questa scelta ha allungato enormemente i tempi di produzione (circa due anni) ma non ha presentato grossi problemi, proprio perché essendo i RADAR un gruppo elettronico, l’unica cosa vera da registrare erano le voci, ostacolo molto facilmente superabile.
Il disco dell’82 è ancora oggi ricordato come un delizioso e ispirato cult album: qual era il segreto dei RADAR anni ’80?
(Nicola)
Risposta semplicissima. Essere al passo coi tempi, col sound internazionale che girava all’epoca (Talking Heads, Devo, B52’s, Roxy Music, Duran Duran ecc.). Il nostro disco dell’82, anche se all’epoca fu un fiasco tremendo nonostante un ottimo investimento in promozione, è diventato solo dopo un bel po’ di tempo un disco di “culto”, quando è stato capito (ma ormai era troppo tardi per noi).
Inoltre, allora era ben difficile che una major come la WEA Italiana mettesse sotto contratto un gruppo come il nostro, (salvo poi licenziarlo dopo il primo disco, se non aveva funzionato come avrebbero voluto loro). Quindi non c’erano gruppi italiani simili al nostro che avessero un contratto “serio”. Tutto questo, nel tempo, ha messo in luce i pregi e la (quasi) unicità di quell’LP (e audiocassetta!) nel panorama italiano dell’epoca. Era ancora troppo presto per l’Italia per quel tipo di musica, che poi invece si è ampiamente affermata anche da noi solo qualche anno dopo.
Ecco, diciamo che ci è stato riconosciuto a posteriori (dagli appassionati del genere) l’essere stata una band avanti coi tempi, con canzoni (speriamo) fresche e “timeless” che si ascoltano volentieri anche oggi.
(Joyello)
Per me è difficile essere obiettivo. Sono entrato in questa avventura chiamata RADAR solo adesso ma prima ero un fan sfegatato del loro primo disco, che però ho acquistato e consumato proprio nel 1982.
Era un periodo fortunato per la discografia, tanto è vero che i RADAR ebbero anche l’occasione di fare anche un po’ di tv. Oggi probabilmente sarebbe impensabile vedervi nel piccolo schermo…
(Nicola)
Mah, impensabile, chissà… mai dire mai.
Comunque è vero, non vedo quali contenitori televisivi odierni potrebbero ospitare uno o più passaggi dei RADAR.
Siamo tre anzianetti in un mondo in cui, a meno che tu non sia una popstar acclamata da decenni, è ben difficile rendersi credibili e interessanti – come minimo visivamente – alla nostra età presso un pubblico giovane. Non siamo abbastanza big per andare come ospiti in qualche trasmissione (quale poi?) e non siamo più abbastanza giovani per andare a XFactor e ai vari talent.
Questo non significa che dobbiamo fasciarci la testa o ripartire totalmente sfiduciati. Siamo pienamente convinti che il nostro sound (ci si perdoni la presunzione) sia più attuale e interessante del 90% e passa di quello che esce dai talent e dalla tv, in cui ci sono gran belle voci ma troppo spesso gran brutti (e vecchi, scontati) pezzi. Ok, il pubblico vuole quello, ma non si sa mai, specie il pubblico giovanissimo, che possa interessarsi anche al nostro sound.
Nella maggior parte dei casi in Italia, oltre a non esserci gran creatività melodico/armonica (senza arrivare a fare Schoenberg, ovvio, si parla sempre più o meno di pop) siamo, tranne qualche caso, distanti anni luce da un modo di arrangiare un minimo personale o “moderno” come invece succede all’estero.
Il massimo a cui arrivano i produttori italiani è: funzionano i Coldplay? Facciamo un pezzo tipo i Coldplay. Questa è (ahimè, ancora) l’Italia.
Trentaquattro anni dopo il vostro secondo disco: in cosa assomiglia e in cosa è diverso re-pop da RADAR?
(Nicola)
In cosa assomiglia:
C’è la medesima combinazione timbrica e caratteristica del primo disco: voci multiple, ritmiche miste drum machine + batteria acustica + percussioni, ampio uso di sax e fiati (abbastanza strano nell’electro-pop).
In cosa è diverso:
La scrittura è, specie in alcuni pezzi, più complessa e matura. Gli arrangiamenti sono più elaborati e frutto di 30 anni di evoluzione personale e di composizione di musica più orientata al jazz e all’improvvisazione che al pop (vedi l’altro mio gruppo NAD Neu Abdominaux Dangereux).Ovvio che la speranza è quella di non essere recepiti come un gruppo “difficile”, ma c’è da dire che alcuni brani dell’album, più semplici, hanno anche una certa similitudine (soprattutto dal punto di vista ritmico-armonico) con quelli dell’82, come James Carruba, Sul Vesuvio o I Love Domotica.
(Joyello)
Voglio raccontare da cosa – più o meno – è nata l’idea di rifare i RADAR. Io e Nicola ci conosciamo da svariati decenni, abbiamo avuto storie musicali molto vicine (anche geograficamente) ma sempre rimaste parallele, senza mai collaborare. Poi, un paio di anni fa, per un mio progetto solista di musica elettronica in cui ho cercato di coinvolgere un po’ di amici musicisti, ho coinvolto anche lui e il brano che abbiamo fatto assieme è venuto talmente bene e in modo spontaneo che ci è sembrato logico progettare qualcosa da fare assieme che fosse più specificatamente una collaborazione.
Tra una cosa e l’altra, tra cui principalmente c’era la mia ammirazione per i RADAR, è scattata l’idea di rimettere in piedi proprio quel progetto, coinvolgendo i membri originali disponibili più il sottoscritto e Gaetano per rimpiazzare i due che non potevano partecipare. Per me è stato un grande onore, accolto inizialmente con molta riverenza ma che mi ha coinvolto piuttosto velocemente.
Inoltre, grazie ai prodigi della tecnica, il progetto è riuscito a progredire anche se oggi viviamo in città diverse. Nicola e Gaetano registravano le loro parti in un posto, io registravo la voce in un altro, poi ci scambiavamo file, provini, tentativi, remissaggi e ognuno provava a dare suggerimenti a Nicola che, va detto, ha fatto un grande lavoro di produzione.
Anche questo ha allungato un po’ i tempi ma, lavorando con questa serenità, senza fretta e con una grande sintonia anche con Kutmusic che in sostanza ci ha dato carta bianca, alla fine il risultato ha soddisfatto tutti.
RADAR in tre, edizione 2016: quali sono le caratteristiche del trio?
(Nicola)
Siam tre piccoli porcellin…
3 voci, il resto tutto sintetico, almeno per ora. Poi un domani dal vivo, chissà. Magari si potrà uscire con batteria, fiati e chitarre vere oltre ai synth. Così come potremmo uscire a tre voci e solo una o due chitarre acustiche, perché in fin dei conti si tratta di canzonette con regolare melodia cantabile e accompagnabile con uno strumento, come una qualsiasi canzone pop.
Per quanto riguarda le due “new entry”, Joyello e Gaetano, si tratta di amici di vecchissima data con cui condivido un certo gusto musicale e l’amore per l’ironia. Joyello ha avuto un sacco di gruppi di generi diversi: new wave, pop, rock; è molto attivo come solista con la sua musica sperimentale, e attualmente è anche in una band molto brava, la Peluqueria Hernandez, che fa un genere definibile (forse) come latin-rock. Intrigante ed esotico. Gaetano è la colonna portante delle voci. Sicuramente il più dotato e intonato tra noi tre.
All’epoca qualcuno vi accomunava al rock demenziale, ma ieri come oggi voi siete qualcosa di davvero diverso da Skiantos, Elii e simili.
(Nicola)
Sì. Vuoi sapere le differenze?
1. Usiamo rarissimamente parolacce.
2. Siamo surreali, se vuoi ironici e umoristici ma non demenziali, please.
3. Quando è uscito il nostro disco nel 1982 si e no che Elio aveva appena fondato il complessino (siamo quasi coetanei ma i RADAR nel 1982 erano molto giovani, tutti intorno ai 20).
4. I nostri testi sono molto più sintetici e molto meno verbosi.
5. Le nostre melodie sono più belle.
6. La nostra non è una musica “in stile” come fa Elio (un pezzo rock e poi uno funky e poi uno pop italiano retrò e così via), cerca di essere originale.
7. Elio tecnicamente canta meglio di noi ma ha un timbro tanto personale quanto orrendo. Però certamente riconoscibile.
8. Dal vivo suoniamo malissimo, gli Elii benissimo.
9. Elio canta col vibrato, come Il Volo (orrore). Noi no.
10. Non facciamo cabaret. Le nostre facce e le nostre persone non sono assolutamente importanti, se non di tanto in tanto in fotomontaggi o pezzettini di video buffi. Non siamo attori.
Visto che ci siamo, entriamo nelle definizioni. Quella che più potrebbe rappresentarvi è “electro-pop”: è proprio quello che suonano i RADAR?
(Nicola)
No, difatti il brevissimo titolo dell’album “re-pop” è emblematico e intrigante.
Intanto è scritto tutto in minuscolo perché vuole essere una parola comune, proprio come rock, jazz, prog… E ha in se quel prefisso ingannevole ma allo stesso tempo plasmabile e interpretabile in più modi. “re” è un prefisso che abbiamo in parole che si riferiscono al passato come “revival”, ma al tempo stesso può essere letto come “renewed”, “revisited”, “reinvented”; come qualcosa che non riprende pedissequamente uno stile preciso, il synth/electro-pop degli anni ’80 ma si spinge più avanti, allargando così la definizione.
Qualche mese fa Kutmusic ha pubblicato il vostro nuovo singolo Plastic People, con testi di un fan prestigioso come Aldo Nove. Ancora una volta i RADAR combinano pop e ricerca.
(Nicola)
Siamo venuti a sapere casualmente che Aldo, a 15 anni, ascoltava il disco dei RADAR (sa i testi a memoria). In questo nuovo disco il suo contributo si limita a un brano, ma la promessa da parte sua è quella di collaborare in modo più consistente se ce ne sarà un prossimo. Cosa abbastanza probabile, perché abbiamo già almeno altri 4 o 5 pezzi musicalmente già pronti su cui potrà lavorare con comodo.
I Radar del 2016 sono una formazione di studio o state immaginando un’attività live?
(Nicola)
Per ora è un progetto solo in studio. Speriamo di poter andare dal vivo con una delle formule summenzionate.
(Joyello)
Confesso che mi piacerebbe provare a fare qualche apparizione live stile Kraftwerk, cioè con noi i linea dietro un kit digitale (laptop, tablet, keyboards…) e dei visual alle nostre spalle. Sono anni che ci penso ma ho sempre lavorato con formazioni di altro genere. I RADAR, invece, sarebbero perfetti in tutti i sensi. L’ironia con la quale ci poniamo farebbe immediatamente sparire ogni sospetto di comparazione: non siamo i Kraftwerk e lo sappiamo bene! Il mondo scanzonato dei RADAR, abbinato al rigore teutonico dei maestri dell’elettronica (di cui siamo grandi fan) sarebbe sicuramente buffo. Un omaggio riverente ma… divertente.
Joyello lancia un assist significativo in merito all’immagine RADAR…
(Nicola)
Sono anche un graphic designer e la nostra immagine è da sempre molto curata. Oltre al logo in Helvetica con la A e la R storte, lasciato intatto dal 1981, si è deciso di usare un “colore aziendale” per rendere ancora più incisiva l’immagine (Magenta e tutte le sue sfumature), associato ad un Verde Petrolio per spezzare la monocromia. Un po’ come le lenti per gli occhialini in 3D verde/magenta, che difatti appaiono riprodotti in piccolo all’interno della copertina.
Come font ufficiale abbiamo mantenuto la banalissima Helvetica, ma possibilmente nella versione superleggera. Un super-classico anch’esso aggiornato (una volta le font ultralight non si usavano molto: light-regular-bold e via andare). Oltre a riprendere il rosa del primo album, abbiamo mantenuto l’amore per le “reti” create in wireframe dal computer. Nella copertina ne utilizziamo di due tipi: a pixel (come negli anni ’80 prima dei file vettoriali, e sono quelli che appaiono meno definite) e a design vettoriale (tecnica attuale hi-res).
Ci sono sempre piaciute le foto di varie epoche alterate ed elaborate con Photoshop (nel 1982 con foto in bianco/nero pellicola colorate poi ad acquerello) per renderle ambigue nella collocazione temporale, come a ribadire l’obiettivo di creare una musica pop “evergreen” (magari!) .
La macchina Isetta che compare in copertina è stata originariamente disegnata a fine anni ’50, ma con un opportuno restyling (e abilmente personalizzata RADAR) ripresa decenni dopo, rappresenta anch’essa un concetto di re-pop, ed ha un design retrò, compatto ma ancora futuribile e attualissimo.
La pagina Facebook dei RADAR – www.facebook.com/RADAR.italian.electropop è densa di immagini surreali prese dagli anni ’50, ’60, ’70 ed altro, modificate e rese ambigue dall’inserimento ad esempio, di un iPad o del nostro nuovo cd in una foto degli anni ’50. O l’LP RADAR dell’82 inserito vicino a un giradischi in un ambiente anni ’60 o 2020!
Come slogan definitivo direi che per il nostro genere “musica per grandi e piccini” rimane sempre la più convincente, a mio avviso. I RADAR spesso piacciono anche ai bambini, perché siamo sostanzialmente un gruppo giocoso.
La Redazione