Odelay è una sorta di opera d’arte con diversi elementi caratteristici e di generi dal grunge, al punk, al folk, al country, al blues, al rap e anche con una massiccia dose di campionamenti di brani famosi. È il quinto lavoro per Beck e rappresenta probabilmente il suo maggiore successo commerciale e di critica di tutta la sua carriera. Un disco molto eclettico e che rispecchia in pieno la personalità di Beck Hansen, figlio d’arte e che da Los Angeles dopo aver fatto tantissimi lavori e tentato di iniziare una carriera come folk e blues performer fino agli anni 80, si trasferisce a New York e viene coinvolto in pieno nella scena folk/alternative dell’EAST VILLAGE. Nel 1992, registra in maniera molto artigianale e sperimentale una canzone “LOSER”, una sorta di inno Hip Hop, stampata poi in 500 copie al”inizio del 1993. Il pezzo ebbe un enorme successo radiofonico e balzò in testa alla classifiche e gli aprì le porte del successo e della fama.
Infatti tra il 1993 e il 1994 Beck pubblicò tre album autoprodotti e il debutto su major Mellow Gold. Prese parte ai maggiori festival e tour in giro per il mondo, e diventò paradossalmente una rockstar, lui che era stato considerato il re della “generazione dei fannulloni”.
Tornando ad “Odelay”, c’è da dire che in origine era stato previsto come un album acustico. Ma poi abbondando questa intenzione e collaborando con i DUST BROTHERS (Mike Simpson e “King Gizmo”) come co-produttori i brani furono arricchiti di tappeti e ritmi percussivi.
La maggior parte delle canzoni su “ODELAY” portano la firma di Beck, King e Simpson a partire dall’opener del disco: “Devils Haircut”. Il brano caratterizzato da un riff heavy rock e con il primo dei tanti campionamenti elettronici ed effetti sonori di cui il disco è pieno. “Hotwax”, invece parte con una intro acustica blues che poi diventa più elettrica e con il cantato hip hop di Beck. “Lord Only Knows”, richiama molto i Rolling Stones in particolare nello stile vocale e nell’andamento acustico con le sfumature elettriche delle chitarre. “The New Pollution”, parte da una base campionata molto ripetitiva con una bella melodia vocale centrale e il sax a completare il pezzo. “Derelict”, al contrario è più complessa e intrigante nella creazione della struttura e nel tentativo di creare una atmosfera molto dark. “Novocane” è la prima traccia dell’album che contiene le influenze Hip Hop al massimo con i classici vinyl scratching. Con “Jack-Ass”, si ritorna alle atmosfere folk-pop degli anni ’60. La canzone contiene un campionamento di “It’s All Over Now, Baby Blue”, originariamente contenuto nell’album “Bringing it all back home”, di Bob Dylan. La famosissima “Where it’s at”, è caratterizzata invece da una intro di piano e di rime prima di trasformarsi in un ipnotico pezzo Hip Hop con un crossover di generi notevole. Anche il testo è uno dei migliori dell’album e fu eseguita dal vivo la prima volta nel 1995. “Minus” è leggermente differente dal resto della produzione, l’incedere è molto rock anche se si arresta prima della fine del brano. “Sissyneck”, è introdotta da un fischio rapidamente interrotto in una sorta di quasi country-rap che potrebbe essere una trovata stilistica geniale quanto bizzarra. Da non perdere assolutamente la bellissima steel guitar di GREGORY LIEZS sul finale del pezzo che è il motivo per cui vale la pena ascoltarla. Nel finale dell’album troviamo tre tracce e tre percorsi diversi: “Readymade”, molto avanti nei suoni e guidata dal basso di Beck e da una ritmica di chitarra e melodie vocali molto interessanti; “High 5 (Rock the Catskills)”, il pezzo più kitsch del disco con il suo Hip Hop strano. L’album si conclude con una ballata dark bellissima “Ramshackle”, che con il suo arrangiamento acustico rilassato e la voce armonizzata durante i cori, riporta le emozioni molto in alto avvolgendo l’ascoltatore in modo totale.
“Odelay” è stato album di platino raggiungendo la Top 20 e ricevendo diverse nominations ai Grammy negli anni successivi alla sua pubblicazione. Inutile dire che dopo questo album la carriera e la vita di Beck sono cambiati e anche se qualcuno avesse avuto da ridire sull’utilizzo di campionamenti così evidenti in alcune tracce tanto da far dichiarare all’artista che non avrebbe mai fatto più una cosa del genere, resta un grandissimo disco.
…i’m a loser baby…
Giuseppe Bellobuono