L’importanza di un personaggio come Paul Kantner è indissolubilmente legata alla storia dei Jefferson Airplane (poi diventati Starship) e alla città di San Francisco, città dove era nato nel 1942. Grace Slick (voce), Paul Kantner (chitarra e voce), Marty Balin (voce), Jorma Kaukonen (chitarra), Jack Casady (basso), Spencer Dryden (batteria). Questa di sicuro è la più nota, anche se non quella originale, formazione dei “Jefferson Airplane”, trasformatisi poi in “Jefferson Starship” nel 1974.
Gli Airplane furono il primo e miglior gruppo di San Francisco, che nacquero intorno alla metà degli anni sessanta, all’inizio come punto di richiamo della comunità freak della città, poi come portabandiera della nuova coscienza giovanile americana, sorta sullo sfondo della politica e della droga. Probabilmente gli Airplane hanno rappresentato per San Francisco quello che i Beatles sono stati per Liverpool, anche se, per ironia della sorte, tranne che per Paul Kantner, i membri della formazione non erano di San Francisco.
Incominciarono nel 1965 con Balin e Kantner e nei primi tempi non erano molto forti strumentalmente, ma la nascente comunità hippy della Bay Area chiedeva per quei tempi solo entusiamo e diventarono molto noti a livello locale. Bill Graham, che fu per un breve periodo il loro manager, aprì il leggendario Fillmore Auditorium e gli Airplane furono uno dei primi gruppi di Frisco ad esibirsi, diventare famosi e ad assicurarsi un contratto discografico.
Il primo disco “Jefferson Airplane Takes Off” uscì nel 1966. Diventò disco d’oro e dopo alcuni cambiamenti di formazione entrarono nella band Grace Slick e Dryden. La Slick aveva fatto parte di un altro dei primi gruppi di San Francisco, la “GREAT SOCIETY” e avevano anche aperto diversi concerti per gli Airplane. Con l’ingresso nel gruppo Grace slick non portò solo la sua voce, unica nel rock, ma anche due pezzi che facevano parte del repertorio della Great Society: “Somebody to love” e “White rabbit”, una canzone influenzata dalla cultura della droga che sviluppava il tema di “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll, in chiave di “viaggio”. Ovviamente il successo fu enorme.
Registrarono poi il secondo disco, “Surrealistic Pillow” e la voce della Slick insieme con le armonie vocali di Balin e Kantner crearono una sorta di marchio di fabbrica per il sound degli Airplane. Un mix di blues, folk e jazz unito a testi pesantemente influenzati dalla “drug-culture” del tempo.
Il 1967 vede l’uscita del terzo album “After Bathing at Baxsters” e qui gli Airplane erano diventati qualcosa di veramente speciale ed unico. Il disco conteneva una piccola suite di nove minuti “Spayre Change” che vedeva l’inserimento di una audace interpretazione da parte della Slick di “Rejoyce”, il classico di Joyce (Ulisse).
Nel 1968 uscì invece il loro capolavoro, “Crown of Creation”; Slick e Kantner erano al massimo della loro espressione sia vocale che compositiva e dopo un album dal vivo, “Bless its Pointed Little Hearth”, andarono di nuovo in studio per registrare l’album più politicizzato della loro produzione, “Volunteers” che conteneva il grido di battaglia: “Tear down the walls, Motherfuckers! (tutti contro il muro, figli di ..!). Nel disco c’era anche il gioiellino “Wooden Ships”, scritto da Kantner, Crosby e Steve Stills che erano alcuni dei musicisti della west coast che collaboravano con il gruppo. Dopo una serie di lunghissimi tour in America e di festival gratuiti, Woodstock e Altamont (tra cui il terribile episodio vissuto proprio al festival, dove gli Airplane suonarono di spalla agli Stones) incominciarono ad apparire alcune spaccature tra i componenti del gruppo accentuate dal fatto che Grace Slick aspettava un bambino da Paul Kantner. Questo precludeva i concerti e Kaukonen e Casady formarono gli “Hot Tuna”. Nel frattempo la Slick e Kantner si dedicarono alle registrazioni e nel 1970 produssero “Blow Against the Empire”.
Accreditato a “Paul Kantner and the Jefferson Starship” (era la prima volta che veniva usato questo nome) era un mix di misticismo e cose surreali, lontano anni luce dalle posizioni dure e politiche di Volunteers.
Dopo l’uscita di una compilation (The Worst of Jefferson Airplane – 1970) fu la volta di “Bark” che uscì per la Grunt, etichetta creata dagli Airplane stessi. Balin se ne era andato e il fatto che quasi contemporaneamente c’era stata l’uscita di “Sunfighter” di Kantner e Slick a tutti diede l’impressione che i due tenevano il materiale migliore ormai per i loro dischi. Questione di qualche anno e qualche album e poi gli Airplane schiacciarono il pulsante dell’autodistruzione.
Infatti nel 1973 Kantner, Slick e Frieberg (ultimo arrivato in casa Airplane) firmarono l’album “Baron Von Tollbooth and the Chrome Nun” , titolo che sembra essere venuto fuori da una presa in giro di D. Crosby nei confronti di Paul Kantner. Nel frattempo uscì anche l’album solista della Slick: “Manhole” che decretò ufficialmente da quel momento in poi la fine per un gruppo che al culmine della loro creatività aveva prodotto delle cose considerate come tra le più belle nella musica rock. Comunque, anche la Slick e Kantner, non essendo completamente soddisfatti dei loro lavori solisti nel 1974 decisero di ricominciare a suonare e chiamarono il loro gruppo Jefferson Starship. Fecero un tour di prova con materiale degli Airplane e brani dai lavori solisti che andò così bene che registrano “Dragon Fly”. Il disco superò i 4 milioni e mezzo di copie vendute e conteneva una canzone “Caroline”; il testo era stato scritto da Marty Balin su una composizione di Paul Kantner e in qualche modo fece da collante per riallacciare i rapporti interrotti all’epoca Airplane.
Infatti l’anno dopo nel 1975 con l’uscita di “Red Octopus”, Balin rientrò nel gruppo a tutti gli effetti e raggiunsero il numero uno in America. Dopo qualche anno e altri dischi i Jefferson Starship abbreviarono il nome in Starship e proseguirono la loro carriera molto lontana dagli inizi che li aveva visti protagonisti della controcultura di San Francisco negli anni 70. Se non conoscete il gruppo è consigliabile la visione del film Woodstock e della loro performance, indimenticabile e storica, al festival più famoso del mondo del 1969.
Grazie Paul per le canzoni che hai composto e che entrano di diritto nella storia della musica e che ti hanno fatto diventare una pietra miliare del rock. R.I.P.
Giuseppe Bellobuono