Lo scorso 10 febbraio all’Asino che vola a Roma si è svolta la serata “Noi non ci Sanremo”, organizzata dai giovani del Folkstudio: Luigi “Grechi” De Gregori e Francesco “Cisco” Pugliese che con questo appuntamento giunto alla sesta puntata, promuove e valorizza i giovani cantautori che a suon di chitarre acustiche, armoniche, cappelli da cowboy e stivaloni a punta hanno dato vita ad una fantastica kermesse che ha visto come ospite speciale il grandissimo Francesco De Gregori che ringraziando gli organizzatori per l’invito ha aggiunto: “Questo è il miglior posto dove potrei stare stasera”.
Come dargli torto…… per noi che c’eravamo e per tutti i presenti oltre ad essere una piacevolissima sorpresa è stata sicuramente una serata che difficilmente svanirà dalla nostra mente e dalle nostre orecchie per la musica che ci ha regalato, tra una versione di “Alice”, “Vai in Africa, Celestino!” e “Pezzi”…..insieme a “Il bandito e il campione”, suonata con il fratello Luigi che è anche l’autore del pezzo. La chiusura della serata ha visto tutti gli artisti partecipanti insieme con De Gregori per una versione corale di “Roma nun fa’ la stupida stasera” con la quale hanno salutato tutto il pubblico numerosissimo in sala. Dire che sembrava essere tornati indietro nel tempo di qualche anno…..al mitico Folkstudio di Via Garibaldi a Trastevere, può sembrare scontato, ma a parte il fumo delle sigarette che non c’era…….tutto ha fatto pensare ai bellissimi pomeriggi della domenica de “I Giovani del Folkstudio” dove Venditti, De Gregori, Giorgio Lo Cascio e Bassignano, solo per citarne qualcuno……sono poi diventati leggenda nel corso degli anni così come lo è diventato il locale stesso fondato da Cesaroni (scomparso qualche anno fa) e da dove ha preso origina la “scuola romana” dei cantautori italiani.
La location dell’ “Asino che vola” (in Via A. Coppi 12/d – Roma), il locale che ha ospitato la serata, è senza dubbio azzeccata, complice l’atmosfera intima che si è magicamente creata e l’ascolto ottimale della musica proposta dai vari cantautori, giovani e non, che hanno preso parte a questa iniziativa. Circa una ventina gli artisti in scaletta che con un brano o al massimo due hanno reso speciale la serata che si tiene due martedì di ogni mese. Il prossimo appuntamento con “I giovani del Folkstudio” è per martedì 24 febbraio, con altre sorprese.
Questa è una breve intervista che ho avuto il piacere di fare a Luigi De Gregori e che ringrazio.
Come è nato l’artista LUIGI “GRECHI” De Gregori?
prima come folksinger , suonando e cantando al Folkstudio e poi dove capitava. Erano canzoni folk di tutto il mondo, con una forte predominanza di folk americano, ma anche italiano. Luigi Grechi nasce col primo LP (scelsi il nome di famiglia di mia madre perché mi sembrava semplice,facile, breve). Il cognome vero, De Gregori si è aggiunto col mio ultimo CD “Angeli e Fantasmi”
L’amore per il folk, la canzone d’autore, la politica i tempi andati di : “io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra e un pianoforte sulla spalla…..(Francesco, Giorgio,Antonello ed Ernesto)….ci puoi raccontare la tua esperienza personale di quel periodo?
Dovrei scrivere un libro su quei giorni…Anche se la mia esperienza è un po’ sfasata rispetto ai quattro ragazzi: avevo qualche anno in più, venivo dal Folkstudio di Harold Bradley, il fondatore…feci giusto in tempo a mettere Francesco sul suo primo palco, approfittando del mio incarico di direttore del Folkstudio Giovani… e poi a presentargi Fabrizio De Andrè. Poi andai a fare il bibliotecario a Milano e il Folksudio lo frequentavo nei weekend…parecchie cose me le sono perse
Dai tempi del Folkstudio dove per tremila lire a sera per tre canzoni e dove tutto è piu o meno cominciato con Antonello, Francesco, Ernesto….. tra fumo, flipper e bancone del bar di Via Garibaldi, cosa è cambiato da allora e cosa è rimasto.
Tutto è cominciato prima, coi blues e i gospel di Harold Bradley e i Folkstudio Singers…con Janet Smith che ci insegnava il “fingerpicking” sulla chitarra, con Juan Capra e le sue cuecas cilene…tutta la musica del mondo. Ma già da allora le cose cambiarono…prima indossavamo la giacchetta e il golfino. I giovani del folkstudio vestirono jeans ed eskimo. Fu allora che nacque la cosiddetta scuola romana. Cosa è cambiato e cosa è rimasto? Tutto è cambiato, naturalmente, ma è rimasta la voglia di soffiàre sulle braci mai spente dello spirito del Folk, qualunque cosa voglia dire…
Una curiosità: puoi raccontarci finalmente la verità sulla presenza o meno del mitico Bob Dylan sul palco del Folkstudio visto che eri un frequentatore assiduo del locale?
Quella sera io non c’ero…Ma credo fosse vero. Sappiamo dalle biografie – credo – che Dylan in quei giorni andò a trovare la sua fiamma Suzie Porco che studiava all’Università per stranieri di Perugia. Poi andò a Roma e non c’è niente di strano che sia capitato al Folkstudio…a quell’epoca non aveva ancora scritto Blowin in the Wind, in Italia era solo un folksinger come tanti
L’iniziativa di riprendere “I giovani del Folkstudio”, oggi dove la musica è consumata e vissuta diversamente, tra tecnologia, social network, mp3 nasce da un bisogno di far sapere ai giovani di oggi che ci siete e che la musica può essere fatta anche in un altro modo? Oppure che 40 anni e passa fa c’eravate?
Niente di tutto questo, non vogliamo celebrare il Folkstudio o noi che c’eravamo: L’iniziativa è stata una specie di scommessa, radunare un pubblico di nicchia intorno alle nostre proposte musicali e vedere quanto la nicchia è grande. E finora ho l’impressione che sia destinata a crescere.
Il disco che ti ha cambiato la vita e che ti ha fatto nascere la voglia di fare musica e scrivere canzoni e una piccola playlist (5 gruppi) di cose che ascolti oggi e che pensi siano interessanti rispetto al resto.
Nessun disco mi ha cambiato la vita. Quando ero ragazzo i dischi erano roba da ricchi…semmai ascoltavo la radio. La scoperta del rock’n roll mi ha cambiato la vita: Gli “Everly Brothers” prima e poi Elvis…erano pezzi da hit parade ma oggi so che erano country, col le loro brave radici folk. E poi il Folksudio mi ha cambiato la vita ed ha allargato i miei orizzonti. Oggi il mio ascolto avviene per lo più su internet ma fra i CD che ho ascoltato di più negli ultimi 5 anni ci sono personaggi poco conosciuti come Polo Montanez, cantautore cubano e poi un gruppo texano,”The Flatlanders” (Wheel of Fortune). I “Los Lobos” (La Pistola y el Corazon)……Dave Alvin….insomma, anche nei gusti sono di nicchia…
C’è un’ artista (italiano o straniero) con il quale vorresti o avresti voluto dividere il palco per un live set e oltre ai pezzi tuoi scritti e che sono stati interpretati da Francesco….se c’è qualche gruppo o solista che ti piacerebbe interpretasse le tue canzoni?
Come tutti sanno Francesco ha interpretato la mia “Il Bandito e il Campione” e poi una mia versione italiana de “L’Angelo di Lyon”…Chi potrei trovare di meglio? Solo che non ci sono molte mie canzoni che gli stanno bene addosso. Io le scrivo pensando a me come interprete. Se poi qualcuna è sentita come se fosse sua da Francesco o da altri, per l’autore sarà sempre un piacere…
Cosa ne pensi di questo ritorno alle radici folk anche nella musica indie e diciamo sorprendente… visto che l’età media dei gruppi è molto bassa…. Lo trovi un segnale positivo? C’è gente ancora curiosa che magari compra i vecchi dischi di Dylan, Guthrie, Choen?
Ti confesso che sono molto disinformato del mercato musicale. Se quello che mi dici è vero, mi fa piacere…Bisogna poi vedere che cosa si intende oggi per folk: dare una risposta è veramente complicato. Quanto a Guthrie, Dylan e Cohen mi sembra che chiunque scriva canzoni debba conoscerli…comunque è vero, mi è ultimamente capitato di ascoltare giovanissimi interpretare “Suzanne” di Cohen e “Ramona” di Dylan. Il vento del folk continua a soffiare.
Alcune foto della serata di Daniele Massimi
Giuseppe Bellobuono