Articolo pubblicato su VIVIROMA MAGAZINE – 05 2015 MAGGIO a pag. 57
Sono tra i primi gruppi musicali italiani di genere hip hop. Si è formato a Roma nel 1994 ed è composto da G-Max (Massimo Rosa) e Rude MC. Con un ritmo travolgente e dritto al sodo, i Flaminio Maphia ritornano per un concerto a sorpresa al Pride Pub per la festa delle donne (8 marzo 2015).
Raccontateci di voi per chi ancora non vi conosce!
Siamo all’attivo dal ’94 e il nostro primo CD uscito nel 1997 con un’etichetta indipendente conteneva il nostro primo successo “RestaFestaGangsta” e dal quale fu realizzato un video molto particolare che all’epoca ebbe un grosso impatto.
Agli inizi in Italia c’erano pochissimi che facevano questo genere che a noi piaceva tantissimo: ascoltavamo Public Enemy, Run DMC, e tanti altri gruppi hip hop americani che all’epoca spaccavano alla grande. Abbiamo iniziato un po’ per gioco a fare le prime cose, le prime rime a Piazzale Flaminio, poi abbiamo inciso un paio di pezzi e da li è partito tutto il carrozzone.
Com’è nato il vostro nome, per caso o avete qualche aneddoto?
Avevamo una grande comitiva multirazziale a Piazzale Flaminio, forse la prima in Italia, e sentivamo tutti l’ hip hop: chi ballava, chi rappava… e da li abbiamo preso il nome, dal luogo dove tutto è iniziato.
Da allora ad oggi com’è cambiata la scena hip hop?
Prima c’era più passione, eravamo quattro gatti e c’erano molti contenuti autobiografici.
Poi quando è nata la moda dell’hip hop tutti quanti si sono messi a fare rap e a fare video su Youtube. E’ stato un pro e un contro questa cosa di internet: un pro perché chiunque può farsi conoscere con la propria musica, un contro è che ci sono migliaia di persone che fanno lo stesso genere e saturano la rete. Uno su mille è bravo… e si abbassa molto la qualità!
Avete fatto tante hits di successo come “Che idea!”, “Ragazze acidelle”, “La mia band suona il rap (featuring Max Pezzali), e l’ultimo “Allagrande – Praticamente in Mutande” del 2013. Avete altri progetti in futuro?
Siamo fermi da un anno e mezzo dal nostro ultimo lavoro “Allagrande – Praticamente in Mutande”, prodotto da Radio Globo, in cui anticipavamo i tempi della cosiddetta “crisi” dove dicevamo che c’è crisi ma la gente continua a comprare smartphone costosissimi e LCD da 60 pollici.
Abbiamo sempre pensato che per uscire dovevamo avere qualcosa da dire. Se non abbiamo nulla da dire sulle cose che ci circondano in questo momento è meglio stare zitti. Abbiamo sempre raccontato tutto biograficamente nei nostri testi che sono di chi rappa. Nel rap è proprio così: chi canta (o rappa) è anche autore di quello che dice. Colui che scrive se lo rappa. Ora è il momento dei diciassettenni, dei ragazzetti, Moreno, Fedez…
Della “vecchia scuola” hip hop con quali vorreste esibirvi? E con quali della nuova?
Abbiamo fatto un sacco di concerti con i grandi, almeno di quelli che sono passati a Roma e in Italia. Abbiamo aperto i live di Ice-T, De La Soul e Coolio. Il problema di suonare con i gruppi “storici” è che o sono morti i componenti o si sono divisi. Giusto con i Public Enemy sarebbe fantastico! Per i gruppi nuovi non è che questo panorama attuale hip hop dia delle grandi speranze anche perché il genere si è un po’ mischiato. Non è più un hip hop vero “black”.
Con l’avvento di Pharrell Williams, Kanye West, che sono artisti a 360° con una concezione più aperta, i generi si sono mischiati, mettendo dentro house e dance. L’hip hop attuale si è alzato molto di battuta, di bpm, quindi è più alto e vicino alla dance. Anche l’uso di vocoder o di auto-tune è ormai di moda. I Flaminio Maphia sono stati tra i primi in Italia nel 2003 ad usare il vocoder e auto-tune in “Ragazze acidelle”.
Che ascolti musicali consigliate per sentire del buon hip hop attuale?
“Tyga”, un rapper californiano, non molto conosciuto in Italia. Fa molto south che negli ultimi anni ha regnato nell’hip hop, con uno stile un po’ drunk e con un rap quasi urlato e con basi molto dure.
Per chi si vuole avvicinare all’hip hop, ai giovani artisti che vogliono rappare, cosa suggerite?
Il percorso hip hop è personale. L’unica cosa per avvicinarsi e fare bene questo genere è l’essere veri, senza finzioni. Essere credibili e dire delle cose che ti appartengono. L’hip hop non ha regole: lo può fare chiunque, dal povero al ricco, ma deve essere un racconto reale di se stessi e di quello che lo circonda. Chi ascolta deve immedesimarsi in quello che sente e non devi parlare di quello che non sei: se sei figlio di papà non puoi parlare di strada. Altrimenti non avrai seguito e non ti sentirà nessuno.
Una domanda particolare: paghereste per suonare?
Assolutamente no! Neanche all’inizio non avremmo mai pagato. Abbiamo fatto la gavetta e per tanti anni non abbiamo preso una lira, abbiamo cantato anche gratis per tante aperture di concerti di grandi big ripagata dalla grande soddisfazione personale e visibilità. Aprire a Coolio a Roma nel ’97 al Frontiera è stato bellissimo. Poi nel 2005 quando eravamo sulla cresta dell’onda con “Che idea!” e “Ragazze acidelle” a Bari ci siamo trovati che Coolio ha aperto a noi che eravamo gli headliner e ci ha fatto anche i complimenti!
Tra di voi rappers esiste solidarietà? Cioè fate gruppo tra artisti e fan o c’è rivalità come spesso accade in altri ambiti musicali?
Nelle piccole culture come possono essere il rock, il dark, il punk, l’hip hop, c’è sempre la “guerra tra poveri” per una mollica di pane. Noi fino a pochi anni fa quando eravamo appena nati come gruppo con gli Articolo 31 a Milano, i Sottotono a Varese, La Famiglia a Napoli, i Colle der Fomento e Piotta a Roma, siamo sempre stati uniti con grande rispetto. Il parlare male di uno, fare una canzone apposta per dire delle cose ad un altro è più una moda degli ultimi anni. Con l’arrivo di internet è aumentata questa moda del “dissing”: Io faccio una canzone e parlo male di te, tu mi rispondi. Dall’uscita del film di Eminem “8 Mile” del 2002 è nata la moda delle “freestyle battle” con insulti reciproci. Può essere divertente finche rimane un gioco. Ci siamo trovati tante volte negli anni ’90 sul palco con gente che non scherzava e offendeva solo. Insultare una persona non c’entra con l’hip hop. E’ più una moda di “visualizzazioni” e promozione personale che arte. Per noi è sempre stato meglio il confronto diretto e leale. Per questo siamo stati rispettati da tutti e abbiamo rispettato tutti. Questo perché veniamo dalla “vecchia scuola” che si è sudato tutto: quando un disco arrivava nei negozi di dischi ogni sei mesi si correva a prenderlo e quando arrivavano i Public Enemy, per noi era come una festa nazionale e… i vestiti li dovevi comprare da Mas!
Dove vi possono trovare su internet per saperne di più su di voi e dei vostri concerti?
Abbiamo una pagina Facebook: www.facebook.com/flaminiomaphiaofficial che curiamo personalmente e un sito web: www.flaminiomaphia.it.
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Intervista di Daniele Massimi e Giuseppe Bellobuono
Exhimusic – Percorsi nella musica
www.exhimusic.com – exhimusic@gmail.com
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